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    Piero della Francesca, il disegno, il disegno d'architettura
     
 

Tocco leggero e peritissimo, estrema sottigliezza del segno operata per mezzo di una penna molto temperata sono le caratteristiche grafiche di Piero della Francesca. Figure replicate per una migliore resa grafica, differenze notevoli nei tracciati inerenti ai disegni relativi alle medesime proposizioni nei vari esemplari del De prospectiva pingendi giunti fino a noi, perfezionamento nella delineazione della stessa figura, sono gli indicatori della qualità sperimentale del disegno a cui l'artista di Borgo San Sepolcro non rinunciò mai. Di particolare interesse è il ricorso, nel Libellus, alla doppia proiezione ortogonale, cioè in pianta e alzato, in cui ambedue le figure sono nello stesso rapporto di scala; un metodo di disegno che Piero teorizza nel De prospectiva pingendi, a partire dal Libro Terzo. Non sfugge come tale modo sia lo stesso definitivamente e rigorosamente codificato per il disegno architettonico da Raffaello nella Lettera a Leone X del 1519.

   
 
 
 
 
 
 
    Il disegno dei corpi regolari
     

 

 

Secondo la testimonianza di Giorgio Vasari, Piero "fu studiosissimo nell'arte, e nella prospettiva valse tanto, che nessuno più di lui fu mirabile nelle cose della cognizione di Euclide, e tutti i miglior giri tirati ne' corpi regolari egli meglio ch'altro geometra intese, e i maggiori lumi che di tal cose ci sieno, ci sono di man sua". Piero introdusse per primo i solidi euclidei - il tetraedro, l'esaedro, l'ottaedro, l'icosaedro e il dodecaedro - nella letteratura artistica e matematica del Rinascimento. Questi cinque solidi equilateri ed equiangoli, gli unici a poter essere iscritti in una sfera, erano stati scelti da Platone come figurazioni simboliche dei quattro elementi (fuoco, acqua, aria, terra) e dell'intero universo. Con la Divina proporzione di Luca Pacioli, questi problemi stereometrici sono resi accessibili a un vasto pubblico di artisti, artigiani e teorici dell'arte, ed entrano a fare parte del repertorio iconografico dei pittori e dei maestri intarsiatori.
   
 
 
 
 
 
 
    Pittura e matematica
     
 

Al tempo di Masaccio si riteneva che la conoscenza della matematica potesse servire nella vita di tutti i giorni, e in particolare nella pratica delle arti. Alcune corporazioni istituirono delle scuole in cui un maestro d'abaco era incaricato di insegnare nozioni di matematica "pratica": a Firenze, una delle migliori scuole era retta dall'Arte degli Orafi a Santa Trinita. L'insegnamento prevedeva una serie di esercitazioni di calcolo numerico concepite come casi esemplari cui riferirsi nella risoluzione dei problemi pratici della vita reale. I programmi, di solito, comprendevano molta aritmetica, alcune nozioni di algebra e un po' di geometria. Quest'ultima disciplina, che riguardava principalmente il calcolo delle aree e la misurazione delle distanze, non era del tutto rilevante ai fini dell'attività pittorica, ma consentiva certamente una certa dimestichezza nell'apprendimento delle tecniche della "prospettiva artificiale" durante l'apprendistato nelle botteghe.

   
 
 
 
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